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Un giovane di nome Naresh incontra un santo. Il santo gli chiese chi fosse, e il giovane rispose: "Sono Naresh".

"Chi sei?" chiese di nuovo il santo.

Naresh, pensando che il santo non l'avesse udito, disse: "Mi chiamo Naresh".

"Sì" ma chi sei?".

Perplesso, Naresh rispose: "Mio padre si chiama Ram Dutta. Vivo a Dheli. Faccio il ragioniere".

"Sì, ma chi sei?" continuò il santo.

Il giovane si spremette le meningi per capire quella domanda. Il santo era forse duro d'orecchi? O stava diventando vecchio e un po' senile?

"Beh, se non lo sai, "Disse il santo con un sorriso "Forse è bene che tu sia venuto da me".

A questo punto il giovane rimase completamente sconcertato! Sentiva però una certa pace in presenza del santo e quindi tornò molte volte da lui, pur senza sapere veramente perché. Un po' alla volta, cominciò a riflettere: "Posso davvero definire me stesso in un modo così limitato, ad esempio dicendo che sono un ragioniere?". Cominciò a pensare: "Io non sono ciò che faccio. Sono un giovane con molti interessi, incluso quello di far visita a questo santo, anche se lo faccio per ragioni che non comprendo pienamente".

"Chi sei?" gli chiese nuovamente il santo, un giorno. A quel punto, il vecchio apparve al giovane non solo perfettamente normale, ma perfino saggio.

"Non so chi sono veramente "disse Naresh. 

"Adesso va meglio!" Esclamò il santo. "Allora, pensaci di nuovo. Chi sei?".

Bene, rifletté il giovane.Ho un nome, una famiglia, un domicilio. Ma sono davvero una qualunque di queste cose? All'improvviso ebbe questa rivelazione: "Sono un'anima che cerca se stessa!". Il suo corpo era ancora giovane, ma sapeva che col tempo sarebbe invecchiato. Anche adesso nel suo intimo, egli era la stessa persona che era stato da bambino. Il corpo era cambiato, ma lui no. Quindi, non era il corpo.

Continuò a riflettere. La sua comprensione era cambiata da quando aveva incontrato il santo, ma nel suo intimo era ancora lo stesso. La sua personalità era cambiata, ma qualcosa nella sua coscienza era rimasto immutato. Lentamente comprese che lui, proprio lui, era un punto di percezione interiore dal quale si limitava a osservare quei cambiamenti, senza però definire se stesso in base a essi.

Ciò che cambia, comprese, non può essere ciò che sono. Io sono quel qualcosa dentro di me che rimane immutato, che semplicemente osserva il cambiamento così, giunse a identificarsi sempre più con la sua anima.

Un giorno disse al guru: "So chi sono, ma non ci sono parole con cui io possa parlarne". Il santo, nell'udire questo, si limitò a sorridere. Più tardi disse: "Ora che ti mancano le parole, c'è così tanto che possiamo dirci! ".

La saggezza comincia con la conoscenza di non essere questo corpo o questa personalità. Noi siamo l'anima immortale.

Swami kriyananda