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Da: Thich Nhat Hanh, “Libero ovunque tu sia". Discorso tenuto al Penitenziario di Stato  del Maryland, U.S.A., Associazione Essere Pace, 2000  

Una mattina, nell’ufficio che avevamo a Parigi negli anni ’70 e ’80, ricevemmo  notizie terribili: una lettera ci informava che una bambina di undici anni, tra i  passeggeri di una barca che lasciava il Vietnam, era stata violentata da un pirata  del mare. Quando suo padre aveva cercato di intervenire, era stato gettato in  mare. E anche la bambina si buttò in mare e affogò. Mi arrabbiai molto. In  quanto esseri umani, si ha il diritto di arrabbiarsi ma, in quanto praticanti, non si  ha il diritto di smettere di praticare.  

Non riuscivo a fare colazione, quella notizia era troppo per me; andai a fare  meditazione camminata nel parco lì vicino. Cercai di entrare in contatto con gli  alberi, gli uccelli e il cielo blu per riuscire a calmarmi, poi mi sedetti a meditare.  La meditazione durò a lungo. Durante la meditazione mi vidi come un bambino  nato sulla costa tailandese; mio padre era un povero pescatore, mia madre era  una donna senza istruzione. Intorno a me c’era solo povertà. A quattordici anni  ero dovuto andare a lavorare con mio padre su un peschereccio, per  guadagnarmi da vivere; era un lavoro molto duro. Alla morte di mio padre ero  stato costretto a continuare il lavoro da solo, per mantenere la famiglia. Un  pescatore che conoscevo mi disse che molti dei “boat people” che lasciavano il  Vietnam portavano spesso con sé oggetti di valore, oro e gioielli. Secondo lui, se  avessimo sequestrato solo una di queste imbarcazioni prendendo una parte  dell’oro, saremmo diventati ricchi. Ero un giovane e povero pescatore senza  istruzione, quindi fui tentato, così un giorno decisi di andare con lui a derubare i  “boat people”. Quando vidi il pescatore che violentava una donna sulla barca, fui  tentato di farlo anch’io; mi guardai intorno e vedendo che non c’era nulla che mi  potesse fermare, né polizia né minacce di altro tipo, mi dissi: “Posso farlo  anch’io, per una volta”. È così che sono diventato un pirata e il violentatore di  una bambina.  

Ora, supponi di essere sulla barca e di avere un’arma. Se mi spari e mi uccidi la  tua azione non mi servirà a niente. In tutta la mia vita nessuno mi ha mai  aiutato; e nessuno ha mai aiutato mio padre e mia madre, in tutta la loro vita.  Da bambino sono cresciuto con dei piccoli delinquenti e da grande sarei diventato  un povero pescatore. Nessun politico, nessun educatore mi ha mai aiutato. E  poiché nessuno mi ha mai aiutato, sono diventato un pirata del mare. Se mi spari  morirò.  

Quella notte meditai su questo. Ancora una volta mi vidi come un giovane  pescatore che diventa pirata del mare. Vidi anche alcune centinaia di bambini che  nascevano quella stessa notte lungo tutta la costa della Thailandia; mi resi conto  che se nessuno avesse aiutato quei bambini a crescere con un’istruzione e con  l’opportunità di condurre una vita decorosa, vent’anni dopo alcuni di loro  sarebbero diventati pirati del mare. Cominciai a comprendere che se fossi nato in  quel villaggio di pescatori, anch’io sarei potuto diventare un pirata del mare. 

Quando capii tutto questo la mia rabbia nei confronti dei pirati si sciolse.  

Invece di essere arrabbiato con il pescatore provai compassione nei suoi  confronti; feci voto di fare tutto il possibile per aiutare i bambini nati quella notte  sulle coste thailandesi. Tramite la meditazione, l’energia chiamata rabbia si era  trasformata nell’energia della compassione. Non si può ottenere il perdono senza  questo tipo di comprensione e la comprensione è il frutto dell’osservazione  profonda.