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Alcuni di noi vivono la loro vita semplicemente reagendo alla vita perché sono condizionati a farlo, come i cani di Pavlov. Se non vi risvegliate alla realtà delle cose, di fatto non siete altro che creature intelligenti condizionate, piuttosto che stupidi cani condizionati. Si può guardare con sussiego ai cani di Pavlov che sbavano quando suona il campanello; ma notate quanto anche noi ci comportiamo in modo simile. Questo perché l’esperienza sensoriale è tutta fatta di condizionamento, non è una persona, un’anima, una sostanza personale.

Questo corpo, le sensazioni, i ricordi e i pensieri sono percezioni mentali condizionate dal dolore, dall’essere nati come esseri umani, dall’essere nati in una certa famiglia, dall’appartenenza a una certa classe, razza e nazionalità; dipendono dall’avere un corpo femminile o maschile, attraente o non attraente e così via. Tutte queste sono semplicemente le condizioni che non ci appartengono, che non sono “io” né “mio”. E queste condizioni seguono le leggi della natura, le leggi naturali.

Non si può dire “non voglio che il mio corpo invecchi”; o meglio, possiamo dirlo, ma per quanto insistiamo il corpo invecchia lo stesso. Non possiamo aspettarci che non provi mai dolore, o non si ammali mai o conservi sempre una vista e un udito perfetti. Ce lo auguriamo però, non è vero.

 “Spero di essere sempre in buona salute, di non diventare mai invalido e avere sempre una buona vista, di non diventare cieco e conservare un buon udito, così non sarò mai uno di quei vecchietti a cui bisogna strillare nelle orecchie; spero di non diventare un rimbambito e conservarmi padrone delle mie facoltà finché arriverò a novantacinque anni sveglio, lucido e arzillo e morirò nel sonno senza dolore”. Ci piacerebbe che andasse così.

Alcuni di noi camperanno a lungo e avranno una morte idilliaca, ma domani potremmo perdere all’improvviso tutti e due gli occhi. È improbabile, ma potrebbe succedere! Certo è che il peso della vita si allevia considerevolmente quando riflettiamo sui suoi limiti intrinseci. Allora sappiamo cosa è possibile ottenere, cosa possiamo imparare dalla vita. Tanta parte della miseria umana nasce da aspettative esagerate e dall’impossibilità di ottenere tutto ciò che avevamo sperato.

Quindi nella meditazione e nella comprensione intuitiva della natura delle cose vediamo che la bellezza, il sublime, il piacere, sono condizioni impermanenti tanto quanto il dolore, la miseria e la bruttezza. Se arrivate a capire questo, siete in grado di godere e tollerare tutto quanto potrà capitarvi. Di fatto, la lezione della vita consiste in gran parte nell’imparare a tollerare quello che non ci piace, in noi stessi e nel mondo che ci circonda; imparare a essere gentili e pazienti senza fare una tragedia per le imperfezioni dell’esperienza sensoriale. Possiamo adattarci, tollerare e accettare le caratteristiche mutevoli del ciclo della nascita e della morte sensoriali mollando la presa e smettendo di attaccarci.

Quando ci liberiamo dall’identificazione con questo ciclo, sperimentiamo la nostra vera natura, che è luminosa, limpida, consapevole; ma non è più un fatto personale, non è “me” o “mio”, niente da conquistare o a cui attaccarsi. Possiamo attaccarci solo a ciò che non siamo!

Ajahn Sumedho