Se vi capitasse di percorrere l’autostrada 544, all’altezza della sopraelevata che attraversa il fiume Waccamaw, appena fuori Conway, nella Carolina del sud, vi imbatterete in un cartello conficcato a terra tra cartacce e un nido di formiche rosse. Il cartello è lì da anni e recita questo invito: 

SUONA IL CLACSON SE SEI FELICE

La prima volta che Will lo vide scosse il capo pensando all’ingenuità di chi lo aveva ideato, e continuò la sua marcia senza suonare, ovviamente. Due settimane dopo ripassando in auto con moglie e figlia - i tre canticchiavano allegri pensando alla gita al mare che li attendeva - alla vista del cartello diede istintivamente un piccolo colpo di clacson. La figlia gli chiese il perché. Il padre le spiegò del cartello. E la piccola trovò perfettamente sensata la sua esistenza. I bambini prendono sempre sul serio la felicità.

Alla sera, al ritorno, la bambina alla vista del cartello strillò: suona il clacson papà, suona il clacson! Will, nonostante non si sentisse felice come al mattino, diede un colpetto per accontentarla. In quel preciso istante qualcosa di strano accade: sentì una deflagrazione all’altezza del cuore, e fu pervaso da un’ondata di felicità. Come se quel suono avesse rievocato le sensazioni provate al precedente passaggio, quando stavano andando lieti verso il mare.

Da allora ogni volta che attraversava quella sopraelevata dava un colpo di clacson e puntualmente la sua felicità aumentava. Con il tempo gli era sufficiente imboccare la 544 per sentirsi avvolgere da sensazioni liete, il solo pensiero di arrivare in quel tratto di strada innescava un moto di progressiva gioia.

Un giorno Will fu preso dalla curiosità di sapere chi avesse messo quel cartello e per quale motivo. Si fermò nelle vicinanze del cartello e vide una piccola casetta prefabbricata rosso scuro. Bussò. Apri un uomo sulla sessantina. “Siete voi che avete messo il cartello?” domandò Will. L’uomo rispose di sì e lo invito gentilmente ad entrare. Gli raccontò la sua storia. Era l’allenatore del liceo locale, lui e la moglie amavano vivere lì, vicino alla spiaggia. Un po’ di tempo fa, però, la moglie si era ammalata, i medici avevano detto che non c’era speranza e che le restavano quattro mesi di vita, al massimo sei. I due caddero in un vortice di rabbia e disperazione.

“Un giorno ero seduto qui fuori sotto il portico mentre lei tentava di dormire. Soffriva così tanto che le era difficile chiudere occhio - raccontò il marito a Will - Mi sentivo affogare nella disperazione e mi faceva male il cuore. Nel frattempo sentivo le macchine passare sulla sopraelevata per andare alla spiaggia, qua c’è il Grand Strand, uno dei tratti di spiaggia ogni anno meta di milioni di turisti. Quando si va in vacanza si è felici, si trascorre del tempo con la propria famiglia, ci si rilassa e diverte.

Ebbene in quegli istanti fui colpito dal pensiero che, sebbene mia moglie stesse morendo, la felicità non doveva per forza morire con lei. Anzi, la felicità era nell’aria qui attorno a noi. Era nei milioni di automobilisti che passavano a poche centinaia di metri da casa nostra ogni giorno. E così andai a piantare quel cartello. Non mi aspettavo granché da questo gesto; volevo solo che le persone a bordo delle loro auto non dessero per scontato il proprio momento felice, quel momento speciale, assolutamente irripetibile, con le persone che più amano...”.

Quel cartello era un modo per risvegliare quei passanti alla propria felicità, renderli più consapevoli e grati. Ma era anche un modo per tornare lui stesso a percepire quella felicità, e soprattutto per farla arrivare fino a sua moglie.

Mentre l’uomo parlava da fuori arrivavano a intervalli quasi regolari dei colpi di clacson, come a ritmare il suo racconto.

“Mia moglie cominciò a sentire i colpi di clacson e con il passare dei giorni diventarono una sorta di medicina per lei. Mentre era a letto, udiva i clacson e trovava grande consolazione a sapere di non essere isolata in una stanza buia in attesa della morte. Poteva partecipare alla felicità altrui. Era circondata da persone contente”. E quella felicità pareva propagarsi anche in lei. 

L’uomo chiese a Will se voleva conoscerla, lui disse di sì, anche se l’idea di trovarsi di fronte a una persona in punto di morte lo intimoriva.

Quando entrarono nella sua camera da letto rimase sorpreso nel vedere una donna sorridente che tutto sembrava fuorché moribonda. In quel preciso istante un altro colpo di clacson arrivò da fuori. “Questa è la famiglia Harris. E’ bello risentirli, mi sono mancati” disse la donna. Dopo essersi presentati gli spiegò che la sua vita si era di nuovo riempita di voci e colori come un tempo. Centinaia di volte, tra giorno e notte, udiva il suono dei clacson e quel suono ogni volta le diceva che nel mondo c’è felicità.

“Non sanno che sono qui ad ascoltare, ma io li conosco. Sono arrivata a distinguerli dal suono dei loro clacson. Fantastico spesso su di loro. Invento delle storie. Li penso mentre trascorrono il tempo sulla spiaggia o giocano a golf. Se è un giorno di pioggia, me li immagino all’acquario o a fare spese. Di notte me li vedo al luna park o a ballare sulla spiaggia sotto le stelle. Sento tutte queste vite felici”.

Spesso allo sguardo di chi soffre la felicità altrui può risultare quasi fastidiosa, invece a lei quella felicità dava gioia. E provare gioia per la felicità altrui è una delle massime forme di amore. Quando il marito lo accompagnò alla porta per salutarlo, Will non resistette e gli chiese: “Ha detto che i dottori le avevano dato al massimo sei mesi, ma io sono già oltre un anno che passo da qua davanti al cartello…”. "Già, precisamente” rispose il marito sorridendo, e aggiunse: “Torni a trovarci”.

Will continuò a passare su quel tratto e il cartello rimase lì per un altro anno poi improvvisamente sparì. Pensò che la donna fosse morta e questo pensiero lo rese triste. Ma appena imboccò la sopraelevata notò un particolare che risollevò il suo animo.

Poco distante dal punto in cui era piantato il piccolo cartello c’era una nuova insegna. Era alta un metro e mezzo e larga due, con un fondo giallo brillante bordato di luci lampeggianti. Su ambo i lati, a grandi lettere luminose, c’era il familiare:

SUONA IL CLACSON SE SEI FELICE

Con le lacrime agli occhi Will diede un vigoroso colpo di clacson per far sapere all’allenatore e a sua moglie che stava passando. “Questo è Will” immaginò stesse dicendo la donna. Quella donna, con il sostegno di un marito amorevole, anziché lasciarsi andare alla malattia e all'epilogo diagnosticato da medici ed esami, aveva deciso di concentrarsi sul bene che la circondava, nutrirsi di quel bene. E così facendo aveva sovvertito ogni pronostico, riabbracciando la vita e toccando il cuore di milioni di persone. Era andata oltre alla realtà assegnatale e se ne era costruita una completamente nuova.

Ognuno di noi ha le capacità per riscrivere la propria storia e per divenire stimolo affinché altre persone possano fare lo stesso.

Riccardo Geminiani